Adiòs, blogspot.

Piccoli Pensieri di una Piccola Iena chiude i battenti.

Perchè c'è gente al mondo che non coglie il vero significato di quello che scrivo.
C'è gente al mondo che non capisce che questo blog era solo una valvola di sfogo, e che nella mia vita ci sono anche tantissime cose positive.
E' ovvio che questo blog sembrava di una disperata che sa solo piangersi addosso. Ma non è così. Io scrivevo soltanto quando avevo bisogno di farlo. Punto. Come ho già detto in passato, non ci avrei mai scritto cose felici. Non ne trovavo il senso. Le cose felici le tengo per me e le custodisco con gelosia.

Quindi un grazie alla gente ignorante.


Attenzione attenzione : intervento incredibilmente depresso in arrivo. Se non avete voglia di subirvi le lamentele e i piagniucolii di una vent'enne, c'è una simpatica " x " rossa in alto a destra. Ecco, premetela.

Dunque, voi direte. Che diavolo è successo ?
La risposta è semplice, niente. Soltanto sono rimasta scossa da una riflessione, una semplice riflessione, che mi ha rivoltato negativamente la giornata.
Ho incrociato con lo sguardo la mia immagine, in una colonna riflettente dell'Iper. E devo ammettere che è da lì che è partito tutto.
No, non il mio aspetto fisico. No, non il sudore. No, non le occhiaie ed il viso struccato. Queste cose non mi hanno minimamente colpita. Sono rimasta impressionata dalla mia solitudine. Ero completamente sola, con il gelato in mano, ad osservare le vetrine del centro commerciale più triste del mondo. Io, solo io. Nessun'altro era abbandonato a se stesso com'ero io, nessun'altro aveva quel velo di tristezza negli occhi che io avevo.
Mi sono intenerita di fronte a me stessa. Anzi, a dirla tutta, mi sono impietosita di fronte a me stessa. Non avevo mai visto un'Alice così spompata e priva di vita.

Che due emeriti coglioni.

Va bene così...

Tre giorni di silenzio, forse più.
Perdo completamente la concezione del tempo, percepisco soltanto ciò che più mi interessa. Sono completamente estranea a tutti i silenzi inaspettati, a tutti gli avvertimenti che mi fanno venire un groppo allo stomaco. Perchè non capisco il motivo per cui agli altri situazioni del genere non si presentano mai, o se si presentano vengono velocemente risolte.
Forse bisogna arrendersi all'evidenza, bisogna smetterla di combattere per quello in cui si crede e "conformizzarsi" in qualcosa di tremendo ma "giusto" per il mondo che ti circonda.
Perchè " di solito non è così ", e allo stesso modo non dovrebbe essere così per me.
Ma, che strano, io sono sempre rimasta così attaccata ai miei ideali.

La capacità di alzare le spalle e dire " va bene così ". Quella mi manca veramente.
" Va bene così, un'amicizia fondata sulla convenienza, ma quando va bene amiche forevva, altrimenti vaffanculo. E mi trovo qualcun'altro che possa sostituirti, e così via. Va bene così, non devo volere troppo bene alle persone."
" Va bene così, ho 20 anni, ho gli ormoni che vanno per i fatti loro e allora seguo gli istinti del mio organismo, perchè bisogna sempre dare retta alle richieste del nostro corpo [cit.]. Va bene così, non devo volere troppo bene alle persone. "
" Va bene così, non devo ascoltare le urla di mia madre. Questa è la mia vita, e devo viverla giorno per giorno. Darle retta è un inutile spreco di forze. Va bene così, non devo volere troppo bene alle persone."
" Va bene così, primo anno di università andato a rotoli, che si inculi. Tanto ho tutta la vita davanti, posso benissimo recuperare. Cambio, se non va bene cambio un'altra volta. In culo gli obblighi. Va bene così, non devo volere troppo bene a me stessa. "

Per piacere, mi devo spersonalizzare.
Basta. E' l'ora che la gente la finisca, di stressare.
Io ci tengo alle amicizie. Diavolo, sono così gelosa di quello che ho. A volte rischio di perderlo, ma appena me ne rendo conto mi faccio in quattro per riaverlo.
E poi, stramaledetti sentimenti. Che poi, "storia seria" non vuole assolutamente dire puntare al matrimonio. Soltanto fidarsi l'uno dell'altro e volersi minimamente bene.

Diavolo, perchè la gente non mi capisce ?

19/08 [ ormai 20 ]


Devo finir di colorare il mondo che vorrei abitare

Un giorno, che piove, disegnerò sale
Con l'acqua del cielo mi farò il mare
Nascerà la sabbia per farci un altare
dove solo gli amici ci verranno a sposare.
Luna piena di gomma e falò
Con la faccia da mostro ti abbraccerò
Poi disegnerò una casa che sia grande da abitare
... che da davanti viene male.
Fermo il tempo
e il disegno dirà
... baciami

Innamorata dell'amore, bisognosa d'affetto ma così
orgogliosa da negarlo fino alla morte. Sola.

17 agosto [ e tre. ]

Perchè io non credo nelle contraddizioni.
Perchè io penso che i sentimenti contrastanti possano esistere, ma che l'opportunismo sia troppo facilmente raggiungibile.
Io credo che la falsità sia straordinariamente frequente, che le persone siano capaci di essere tanto sincere quanto bugiarde, e che chi apprezza la semplicità, chi vede solo il buono degli altri, finisca sempre per pagare le conseguenze scatenate da comportamenti altrui.
Credo che il mondo sia difficile, che le persone siano così affascinanti nella loro varietà, ma che quando si è convinti di andare in una direzione e ci si ritrova tutto capovolto, non valga più la pena di tentare di capire.

Guardo fuori dalla finestra. " Le stelle ! " penso. Quest'anno soltanto una
volta ho poggiato il mio deretano all'esterno con l'intenzione di guardare le stelle cadenti, e quella stessa sera dopo qualche minuto il tempo è cambiato in qualcosa di più tetro di un film di Tim Burton. Tristezza. Sono riuscita a "rubare" una Stella Cadente, di striscio, con lo sguardo perso e lasciandomi scappare l'opportunità di esprimere un desiderio.
Effettivamente, sono anni che ci penso. Credo che inevitabilmente un desiderio espresso nel momento esatto in cui la Stella "cade" venga esaudito. Questo perchè l'istante è talmente breve da impedirci di pensare ad altro che non sia sua bellezza, il suo candore e la sua atmosfera. E che il desiderio vada a farsi fottere.
Comunque, per tornare all'inizio di questo paragrafo, quest'anno non ne ho viste più di una. Forse perchè aspettavo di andare fuori casa, forse perchè ogni sera che tentavo di mettere il muso fuori era nuvoloso, o forse perchè mi manca l'umore giusto per affrontare una serata all'insegna della meditazione.

Pensare troppo fa male, lo ribadisco.
E, cazzo, questo è il terzo intervento in una giornata.

Mi sto iniziando a stufare.

BOOOOM.
Mi è scoppiato un bel sacco di merda in faccia.
Di nuovo.


Tornata ora a casa, ancora in preda all'emozione.
Mi ci voleva una serata così, dopo la rassegnazione distruttiva che mi ha folgorata e posseduta in questi giorni.

Outlet, paesaggio a dir poco inadatto per un concerto del genere, ma comunque luogo di diverse manifestazioni jazz, da 5 anni a questa parte.
A dire il vero sono partita da casa già con un sorriso in più rispetto al solito, già sapevo che non mi avrebbero delusa, già immaginavo il mio stupore [che, se immaginato, tanto stupore non è] nel vedere, anzi, nel sentire quel "gruppo" [gruppo è riduttivo, si intenda] suonare con così tanta passione.
Violino, violoncello, contrabbasso, sax [ di ogni genere e tipo ] e voce, una voce così perfetta da fare spavento, hanno rappresentato magnificamente le maggiori opere del grande contrabbassista Mingus, intervallando la musica alle parole, magnificamente interpretate dalla cantante principale.
Questo intervento sembra più una strana recensione di un altrettanto strana rivista musicale, senza dubbio, ma le emozioni che ho provato non sono certamente descrivibili attraverso le parole. Soltanto essendoci, soltanto scoprendo suoni che prima ci si chiedeva come venissero prodotti, soltanto vedendo i movimenti del sassofonista così impegnato nei suoi soli, ci si può immedesimare.

Decisamente felice, senza dubbio, decisamente soddisfatta, seppur il periodo non sia fra i migliori, decisamente rincuorata da quella musica sublime. Ma domani mattina sarà lo stesso. Sarà la stessa vita triste.

Chissà. Per ora resto fissata con la mente e con l'anima ai Quintorigo, alle emozioni di questa sera. Magari sarò così fortunata che domattina le sentirò ancora.

[ Post ridotto all'osso, eccome ]

8/8

" Non vuol dire mica lavorare in miniera 10 anni "

Uno sputo in un occhio. Ecco, l'unica reazione plausibile ad una provocazione del genere, a quelle parole così inutilmente e forzatamente serpentine, prodotte da una bocca che deve proprio stare solo che chiusa.
Tutto perchè ho detto di no a mia sorella, ad una 'data' propostami in quel di Gavi, il 13 di questo mese. Ho preferito rifiutare, logisticamente parlando, a nostro vantaggio: sarebbe stato un tour de force non indifferente, viaggiare, guidare, e la sera andare a suonare di nuovo, per poi ripartire presto il mattino dopo.
Ma no, questo non è di certo come lavorare in miniera, dovremmo essere solo che felici.
Ecco il nervoso impossessarsi di nuovo delle mie mani, ed ecco come unica soluzione sfogarmi sul computer, dato che quella là occupa il piano di sotto come ogni santo giorno. Basta, sono stanca di farmi sovrastare da vecchie isteriche, non possono reputarsi così nettamente superiori solo perchè con qualche anno in più.
Nemmeno con il mio gruppo posso fare come voglio. Non ricevo ordini solo da mia madre, ma pure dalle sue amiche.
Tentata di tornare giù e tirarle un bel 'Vaffanculo' su quel muso rigido, così da tornare a scrivere con un peso in meno, senz'altro.

Ascoltando a ripetizione " Uprising ", la nuova canzone dei Muse, e godendomi ogni nota come se fosse una pastiglia di Valium. Ormai vivo in funzione del 4 dicembre, lo so, lo dico da giorni, lo ammetto con un groppo alla gola. Però è così.
Ricordo a malapena la stessa data di 3 anni fa, a Milano. Senz'altro è stato indimenticabile, senz'altro le sensazioni che mi scorrevano in vena ancora mi tornano alla mente, ed ancora mi passa davanti agli occhi la bellissima scenografia alle loro spalle, il calore fastidioso ma comunque accogliente di chi era vicino a me. A dirla tutta quando sono uscita dal Dachforum l'unico pensiero che mi attraversava il cervello era: io non dimenticherò mai nulla di tutto questo, è tutto perfetto.
E non è stato così. Tre anni dopo, eccomi di nuovo con lo stesso entusiasmo di chi non è mai stato ad un concerto, con il biglietto fra le mani che quasi mi provoca le lacrime. Ancora, guardo il calendario e segno tante "X" vicino al giorno passato, tengo il conto alla rovescia, meno novantaquattro al fatidico 4 dicembre.
Ed è ironico, senz'altro, il fatto che la data sia esattamente la stessa di tre anni fa. Mi sento come un esploratore temporale che ha scoperto, dopo anni di studio, la famosa macchina per tornare indietro fino ad una data prestabilita.
Non credo che il giorno stesso sarà così. Non sarà nulla come nel 2006. Ci sarà Marco, sì, come allora, ma non saremo soltanto io e lui, con un incredibile rimorso per aver lasciato mio padre fuori da solo. Questa volta nessuno sarà solo, tutti saremo assieme.
Palaolimpico, Torino. Nemmeno il luogo è lo stesso.
Riesco a malapena a non pensare a quella data tutto il giorno. Sono fissata, forse. Sono troppo fissata. Ma ho qualcosa per cui vivere con gioia. Ho qualcosa da attendere: ho un obbiettivo. Ho una data da raggiungere: e dopo non so cosa accadrà. So solo che il 4 dicembre sarà un giorno magico, di nuovo.

Ecco un intervento pieno di ripetizioni, pieno di emozioni fondamentalmente troppo infantili per appartenere ad una ventenne. Ma ecco un intervento sincero.


Sera. [ 7 agosto ]



Sospiro, tiro dentro tutta l'aria che mi circonda, quasi potessi prosciugare la stanza, quasi potessi rimanere sola con i miei pensieri, senza inutili distrazioni, senza quell'atmosfera un pò viziata che ormai mi fa sentire debole e priva di una qualsiasi iniziativa.
I grilli cantano imperterriti fuori dalla finestra, vorrei girarmi e poter soffiare talmente forte da farli volare via lontano, lontano dalla mia finestra, lontano dalla mia intimità.
Quello che mi circonda non aiuta la mia immaginazione, a dire la verità. Invece di essere un fervido spunto, è soltanto qualcosa di assurdamente negativo, di frastornante, quasi, tanto da farmi distrarre apocalitticamente.

Ho le labbra secche. Le labbra aride, morte, socchiuse ma quasi incapaci di aprirsi maggiormente. Di tanto in tanto le ammorbidisco, con la lingua, come se fosse utile. Come se potesse impedire di farle tornare tanto malate quanto prima. Chiudo gli occhi, immagino. Mi vedo distesa sopra un letto d'erba, all'ombra di un albero alto più o meno 4 volte più di me, con al mio fianco una chitarra acustica, silenziosa, ma così soave nelle sue forme. Non sono sola, so che c'è qualcun'altro con me: qualcuno che sa come comportarsi in mia presenza, sa come farmi stare bene, e nello stesso modo sa che in quel momento voglio solo e soltanto stare sola con me stessa, a godermi il profumo del prato verde, ed il tatto morbido dei molteplici fili d'erba. Quasi sorrido: un fiorellino mi sfiora la gamba destra, mi solletica appena, una minuscola margherita, così gioiosa di stare al mondo e di rivolgere il suo giovane sguardo al cielo.
Riapro gli occhi. Nessuna margherita, soltanto un angolo del lenzuolo malmesso scosso dall'aria che penetra viziata e rara dalla finestra. Il letto d'erba è soltanto il mio solito letto, disfatto, con il cuscino arrotolato grossolanamente sotto la guancia, mentre i miei occhi rassegnati sono attratti dalla luce del computer. La chitarra acustica c'è, è proprio lì, in piedi, ad osservarmi minacciosa. Non è rassicurante, ma minacciosa. Sono sola: a parte il suono dei soliti, monotoni, grilli e la televisione accesa al piano di sotto, niente di niente. Guardo il cellulare. Le 22 e 08. Altro venerdì sera passato in casa, altri morsi allo stomaco nel vedere lo schermo del telefonino spegnersi poco dopo.
Mi lascio andare. Completamente 'sciolta', in balia della tastiera del pc, in balia di emozioni contrastanti che si fanno spazio fra le costole, per poi arrivarmi alla gola con prorompente violenza. Faccio fatica a trattenere la forza che mi farebbe distruggere i tasti, faccio fatica a trattenere una lacrima in risposta a quel sincero sorriso che prima, in preda all'illusione, si era quasi fatto strada fra le mie labbra secche.
Abbraccio il cuscino, mentre, con le gambe, sforzo così tanto i polpacci da farmi male. Ormai è l'unica forma di ginnastica che conosca.

Lunedì pomeriggio "parto", anche se per suonare e stressarmi ancora di più. Ma senza lo stress, la vita non ha diritto di essere. Poichè la mancanza di stress, comporta ancora più agitazione, ed ancora più stress di quello che si sarebbe creato normalmente.
Poichè quando non si ha niente da fare, la mente galoppa. La mente immagina: è il compito principale del nostro cervello, è la cosa più bella che ci differenzia dagli altri animali. L'immaginazione. E quando l'immaginazione prende il sopravvento, quando supera largamente la realtà, lo stress ritorna. E supera ogni livello immaginabile.

Perchè la mente umana, la mente di una donna, può raggiungere livelli di masochismo incredibili. Le sensazioni solo e soltanto immaginate, ci fanno stare bene nel momento stesso in cui vengono prodotte, ma crollano e ci fanno peggiorare quando si ritorna con i piedi per terra.


La chitarra, una coperta a terra, una cocinella sulla mano. Porta fortuna.
Il suo sorriso, il sorriso di Lui, di quel Lui che tanto bene ci si immagina così perfetto. Ed il sorriso di Lei. Quella persona che tanto ti rincuora quando hai bisogno, che è sempre presente quando sa di dover esserci, che ti aiuta, ti consola e ti ascolta.
" Vuoi una mela ? " chiede, impaziente, ma con l'espressione soave, estraendo da una borsona da mare una mela rossa e lucida. Io annuisco, con le mani vado ad accogliere quel frutto, sorridendo. Lui se n'è andato, non è nel mio campo visivo, ma non m'importa. Incredula guardo Lei, tenendo ancora fra le mani la mela, quasi l'avessi accettato solo per cortesia. " Ma dove sei stata fino ad oggi ? " chiedo, titubante, con la voce spezzata da una gioia commossa. Una foglia dell'albero cade sulla chitarra, producendo un suono tanto dolce quanto inaspettato. Onirico. Lei non risponde. Semplicemente si alza sulle ginocchia, si avvicina e mi abbraccia. Mi stringe forte, trasmettendomi tanto calore e tanta amicizia. Capisco, che Lei è la persona giusta. Che Lei è il pezzo mancante. Che è Lei, il vero sostegno di cui ho sempre avuto bisogno. La mela mi cade dalle mani. Lui ritorna, e mi scompiglia affettuosamente i capelli. Lei si allontana, di nuovo, raccogliendo la mela e porgendomela una seconda volta. Ora scuoto il capo. Non la voglio, non dopo quell'abbraccio. Mi corico. Di fianco a me la chitarra, e dall'altra parte Lui. Lei poco distante addenta una mela. Chiudo gli occhi. Li riapro : il poster di Sweeney Todd sulla parete, i grilli dalla finestra, buio.