I grilli cantano imperterriti fuori dalla finestra, vorrei girarmi e poter soffiare talmente forte da farli volare via lontano, lontano dalla mia finestra, lontano dalla mia intimità.
Quello che mi circonda non aiuta la mia immaginazione, a dire la verità. Invece di essere un fervido spunto, è soltanto qualcosa di assurdamente negativo, di frastornante, quasi, tanto da farmi distrarre apocalitticamente.
Ho le labbra secche. Le labbra aride, morte, socchiuse ma quasi incapaci di aprirsi maggiormente. Di tanto in tanto le ammorbidisco, con la lingua, come se fosse utile. Come se potesse impedire di farle tornare tanto malate quanto prima. Chiudo gli occhi, immagino. Mi vedo distesa sopra un letto d'erba, all'ombra di un albero alto più o meno 4 volte più di me, con al mio fianco una chitarra acustica, silenziosa, ma così soave nelle sue forme. Non sono sola, so che c'è qualcun'altro con me: qualcuno che sa come comportarsi in mia presenza, sa come farmi stare bene, e nello stesso modo sa che in quel momento voglio solo e soltanto stare sola con me stessa, a godermi il profumo del prato verde, ed il tatto morbido dei molteplici fili d'erba. Quasi sorrido: un fiorellino mi sfiora la gamba destra, mi solletica appena, una minuscola margherita, così gioiosa di stare al mondo e di rivolgere il suo giovane sguardo al cielo.
Riapro gli occhi. Nessuna margherita, soltanto un angolo del lenzuolo malmesso scosso dall'aria che penetra viziata e rara dalla finestra. Il letto d'erba è soltanto il mio solito letto, disfatto, con il cuscino arrotolato grossolanamente sotto la guancia, mentre i miei occhi rassegnati sono attratti dalla luce del computer. La chitarra acustica c'è, è proprio lì, in piedi, ad osservarmi minacciosa. Non è rassicurante, ma minacciosa. Sono sola: a parte il suono dei soliti, monotoni, grilli e la televisione accesa al piano di sotto, niente di niente. Guardo il cellulare. Le 22 e 08. Altro venerdì sera passato in casa, altri morsi allo stomaco nel vedere lo schermo del telefonino spegnersi poco dopo.
Mi lascio andare. Completamente 'sciolta', in balia della tastiera del pc, in balia di emozioni contrastanti che si fanno spazio fra le costole, per poi arrivarmi alla gola con prorompente violenza. Faccio fatica a trattenere la forza che mi farebbe distruggere i tasti, faccio fatica a trattenere una lacrima in risposta a quel sincero sorriso che prima, in preda all'illusione, si era quasi fatto strada fra le mie labbra secche.
Abbraccio il cuscino, mentre, con le gambe, sforzo così tanto i polpacci da farmi male. Ormai è l'unica forma di ginnastica che conosca.
Lunedì pomeriggio "parto", anche se per suonare e stressarmi ancora di più. Ma senza lo stress, la vita non ha diritto di essere. Poichè la mancanza di stress, comporta ancora più agitazione, ed ancora più stress di quello che si sarebbe creato normalmente.
Poichè quando non si ha niente da fare, la mente galoppa. La mente immagina: è il compito principale del nostro cervello, è la cosa più bella che ci differenzia dagli altri animali. L'immaginazione. E quando l'immaginazione prende il sopravvento, quando supera largamente la realtà, lo stress ritorna. E supera ogni livello immaginabile.
Perchè la mente umana, la mente di una donna, può raggiungere livelli di masochismo incredibili. Le sensazioni solo e soltanto immaginate, ci fanno stare bene nel momento stesso in cui vengono prodotte, ma crollano e ci fanno peggiorare quando si ritorna con i piedi per terra.
La chitarra, una coperta a terra, una cocinella sulla mano. Porta fortuna.
Il suo sorriso, il sorriso di Lui, di quel Lui che tanto bene ci si immagina così perfetto. Ed il sorriso di Lei. Quella persona che tanto ti rincuora quando hai bisogno, che è sempre presente quando sa di dover esserci, che ti aiuta, ti consola e ti ascolta.
" Vuoi una mela ? " chiede, impaziente, ma con l'espressione soave, estraendo da una borsona da mare una mela rossa e lucida. Io annuisco, con le mani vado ad accogliere quel frutto, sorridendo. Lui se n'è andato, non è nel mio campo visivo, ma non m'importa. Incredula guardo Lei, tenendo ancora fra le mani la mela, quasi l'avessi accettato solo per cortesia. " Ma dove sei stata fino ad oggi ? " chiedo, titubante, con la voce spezzata da una gioia commossa. Una foglia dell'albero cade sulla chitarra, producendo un suono tanto dolce quanto inaspettato. Onirico. Lei non risponde. Semplicemente si alza sulle ginocchia, si avvicina e mi abbraccia. Mi stringe forte, trasmettendomi tanto calore e tanta amicizia. Capisco, che Lei è la persona giusta. Che Lei è il pezzo mancante. Che è Lei, il vero sostegno di cui ho sempre avuto bisogno. La mela mi cade dalle mani. Lui ritorna, e mi scompiglia affettuosamente i capelli. Lei si allontana, di nuovo, raccogliendo la mela e porgendomela una seconda volta. Ora scuoto il capo. Non la voglio, non dopo quell'abbraccio. Mi corico. Di fianco a me la chitarra, e dall'altra parte Lui. Lei poco distante addenta una mela. Chiudo gli occhi. Li riapro : il poster di Sweeney Todd sulla parete, i grilli dalla finestra, buio.
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